RIFLETTO
Non è facile esprimere con poche parole il fatto di andare in pensione , dopo un’intensa esperienza quarantennale come maestra alla scuola Primaria.
Credo che in questa bella avventura che è il viaggio della vita di ognuno di noi ci sono delle tappe in cui è importante fare delle scelte consapevoli. Il lavoro ha arricchito e completato la mia vita e sicuramente continuerà a dettare le mie scelte future.
Ho avuto l’opportunità di iniziare uno dei lavori più belli in una scuola materna privata, a Nuoro. Questa scuola ha
rappresentato per me una vera palestra formativa, basata su un’idea di comunità educante.
Con il mio bagaglio sono arrivata trenta anni fa nella scuola Primaria Satta di Carbonia, dove ho trovato spazi di lavoro dinamici e con una buona dialettica e un terreno fertile per la mia tesi di laurea sperimentale in Pedagogia , con i miei alunni.
Penso ai tanti progetti che ho avuto il piacere di condividere con colleghi motivati e con enti e soggetti locali.
Negli ultimi anni, sicuramente anche per politiche poco chiare, ho assistito ad una forma di pratiche burocratiche, poco attinenti all’identità della scuola , che hanno creato un clima omologante ed autoreferenziale, atto a produrre, a misurare e a quantificare, spesso, precludendo spazi di discussione e confronto.
Per i casi della vita, a causa della pandemia, mi sono trovata a portare avanti il mio insegnamento con la didattica a distanza, sperimentando tutte le strategie digitali possibili per essere vicina ai bambini e alle famiglie.
La didattica a distanza (Legami Affettivi a Distanza) sicuramente è stata un’opportunità nella fase di emergenza, ma non può sostituire l’apprendimento nella relazione, soprattutto per i più piccoli. Erano in prima.
Questa fase, dettata dalla pandemia, così difficile per il nostro paese sollecita un ri – pensamento dei nostri stili di vita, della società e della Scuola, a cominciare dal sistema educativo 6-11 anni.
Sicuramente non bastano le linee – guida ministeriali e lo stanziamento di risorse per concretizzare nuovi sistemi scolastici in sicurezza e attenti ad una formazione armonica del bambino.
Credo che dai singoli territori, a cominciare dal nostro, devono partire idee e proposte da concretizzare in rete, superando atteggiamenti di sterile “campanilismo”.
Perché non avviare, coinvolgendo tutte le parti in causa, un processo di costruzione della “Scuola del
Territorio”, anche con un’operazione di equilibrio numerico degli alunni per sezioni/classi fra grandi centri e i piccoli
plessi? Sicuramente i giovamenti sarebbero reciproci sia per le grandi realtà che per le piccole.
Il lavoro chea spetta è complesso e richiede il contributo di soggetti politici, sociali e scolastici con un’apertura mentale che guarda lontano, uscendo da ogni forma di “assembramento”, in particolare da quelli “mentali e burocratici”.
La scuola del futuro, ha bisogno di figure professionali, capaci di un lavoro formativo dinamico che mira a tirare fuori le potenzialità di ognuno, in un dialogo educativo continuo con il contesto socio- ambientale, prevenendo pericolose forme di certificazione dei disagi.
Auguro a tutti i soggetti coinvolti, personale scolastico e non, di avere il coraggio di affrontare il futuro con determinazione e lungimiranza; mai come ora la scuola ha bisogno di persone capaci di uscire da ogni forma di autoreferenzialità e di accompagnare ogni bambino/ragazzo nel suo progetto di vita.
Un grazie di cuore a tutti coloro che hanno condiviso con me percorsi significativi del mio meraviglioso viaggio.

15 luglio 2025
Maria Giovanna Marteddu