Il Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD) è caratterizzato da disattenzione, iperattività e impulsività. Bambini e adolescenti con questo disturbo hanno spesso, inoltre, difficoltà nel riconoscimento di emozioni, abilità che può influenzare negativamente le loro relazioni sociali. Quando un neurotrasmettitore si stacca da un neurone, attraversa una fessura nota come sinapsi e si lega a un recettore presente su un altro neurone, trasmettendo in tal modo il segnale. I sintomi di questo disturbo sono impulsività, iperattività e incapacità di mantenere l’attenzione.
Parole chiave:
Disturbo da Deficit di Attenzione e di Iperattività – ADHD – scuola – famiglia – bisogni
Ci troviamoi con una crescita considerevole di casi di bambini con ADHD, che all’interno di una società frenetica, diventano sempre più difficili da gestire. Che cosa si nasconde esattamente in una famiglia dove vivono questi giovani? Sul nostro territorio esistono diverse ricerche su questo disturbo, ma quasi nessuna analisi affronta la figura genitoriale che è quotidianamente in contatto con loro. Ritengo che questo aspetto sia importante e debba essere studiato a fondo. Portare delle conoscenze che spesso si nascondono dietro a vergogna, paura di giudizio, incomprensione e esclusione. Questo è però un punto fondamentale, che non va tralasciato se vogliamo costruire una società inclusiva. La ricerca vuole quindi essere un trampolino di lancio per queste famiglie, per un futuro inclusivo e comprensivo; vuol dar finalmente voce a queste figure genitoriali.
I vari testi letterari e i diversi articoli scientifici ,mi hanno permesso di approfondire adeguatamente le mie conoscenze nel campo dell’ADHD. Grazie ad essi ho potuto definire il lavoro di ricerca, scegliendo la tematica meno discussa alle nostre latitudini e a mio modo di vedere più importante. Ho deciso di mettere in relazione due contesti di vita, tra i più importanti nell’esistenza di un bambino/ragazzo: la famiglia e la scuola. L’obiettivo principale di questo lavoro è quello di far conoscere la tematica dell’ADHD,
ancora poco discussa, e dar voce a quei genitori che si ritrovano con una “sfida”costante e quotidiana, senza il giusto supporto e la corretta comprensione.
Motivazione
La scelta di questo tema è dettata da differenti cause. La prima e più importante l’esperienza maturata con allievi con ADHD e il racconto del vissuto delle loro famiglie. Ricordo una mamma che gli scorsi anni mi ha confidato che spesso si trova in difficoltà nella relazione con le altre famiglie. Mi spiegava ad esempio che il figlio non veniva mai invitato a giocare con altri bambini o
a partecipare ai loro compleanni. Veniva visto dalle altre mamme come un “bambino pazzo”, senza controllo e senza la capacità di sapersi gestire, malgrado fossero informate del suo disturbo. In classe era chiaramente vivace, ma allo stesso tempo era simpatico, gentile e di cuore con i compagni. Questi e altri racconti mi hanno fatta riflettere e mi hanno lasciata molto perplessa.
Questi comportamenti mi hanno permesso di comprendere come sul territorio questo disturbo sia davvero poco conosciuto e soprattutto poco compreso.

Il mio intento è quindi quello di dare voce a queste famiglie che vivono con emozioni contrastanti la crescita dei propri figli.
Un’altra motivazione è quella di aver vissuto in prima persona il cambiamento avvenuto in un allievo prima e dopo la diagnosi. La sua consapevolezza del disturbo ha cambiato radicalmente il suo modo di vivere e il suo apprendere. Il bambino ha potuto dare una spiegazione ai propri comportamenti, alla propria diversità e soprattutto alla propria difficoltà di restare attento per una
lunga durata di tempo. Questo lo ha reso consapevole e gli ha permesso di avere il coraggio di dichiarare un’eventuale stanchezza, difficoltà di concentrazione o di ritrovare la tranquillità. Fare richiesta alla docente dei propri bisogni in quel determinato momento, ad esempio andare a camminare un attimo fuori dall’aula.
Un ultimo motivo è il mio interesse personale verso un argomento di cui si parla poco, ma che a mio modo di vedere permette di spiegare determinate difficoltà nei bambini (e non solo!). Complessità emotive, scarsa autostima, relazioni sociali difficili e eventuali difficoltà scolastiche. Si tratta di un argomento che mi appassiona in modo particolare.
