Il fuoco di Sant’Antonio: I miei ricordi

Nel paesetto dove sono nata, Orotelli, è di particolare importanza il Falò di Sant’Antonio come simbolo di rinascita e protezione. La tradizione, unisce fede e cultura. Dai primi giorni di gennaio, i giovani si preoccupano di rifornire, di legna , la piazza del santo, dove sorge la chiesetta a Lui dedicata. Tanti sono i ricordi che mi riportano alla mia fanciullezza. La novena , la chiesa gremita dei devoti al Santo, la storia che ogni anno veniva raccontata per non dimenticare la devozione: Sant’Antonio andava con il suo porcellino verso le porte dell’inferno per chiedere un po’ di fuoco. Ma i diavoli guardandolo con ironia gli risposero di no, anzi uno di loro si mise proprio di traverso davanti all’apertura che conduceva agli inferi per non farlo passare. Il maialino però sgattaiolò via ed entrò passando attraverso le gambe del demone. E fu subito un gran trambusto, un gran chiasso, come di chi butta tutto per aria, i diavoli infatti lo rincorrevano da una parte all’altra, ma senza riuscire ad acchiapparlo. Al che il diavolo che stava alla porta si fece da parte e fece entrare il Santo per riprendersi il maialino. San Antonio appoggiò la punta del suo bastone di ferula sul fuoco, per riposare un poco e, fatto un fischio, richiamò l’animale che gli corse vicino. Quindi il Santo riprese il bastone e si allontanò. I diavoli non immaginavano certo che dentro il nucleo spugnoso della ferula si potesse nascondere della brace che a poco a poco continuava a bruciare, ma senza che se ne vedesse il fumo. Così con la sua astuzia il Santo rubò il fuoco all’inferno e lo regalò agli uomini. Della novena , ricordo in particolare ” Sos Gosos” il cui ritornello era: De sor dimonios trummentu Sant’Antoni gloriosu. In effetti il ritornello riportava alla memoria la leggenda. Tutti i giorni, dopo la novena, ci si metteva in fila indiana per ricevere il pane e su pistiddu, offerti per promesse di guarigione dell’anima e del corpo . E’ ancora consuetudine preparare un pane particolare: su pane ‘e Sant’Antoni, e su Pistiddu . Una sorta di crostata farcita anch’essa di miele e finemente decorata con la pasta ricamata da mani espertissime. ll fuoco diventa, in questo modo, simbolo di unione, comunione e occasione di divertimento. I festeggiamenti intorno ai falò, infatti, vengono spesso improvvisati con balli sardi accompagnati dalla musica di un organetto, si beve un bicchiere in compagnia, o, molto più semplicemente, si scambiano quattro chiacchiere tra amici e conoscenti. Il gioco di luci e ombre formano scintille impazzite provenienti dai tizzoni ardenti, si crea un qualcosa di magico , tutto da vivere. Anche il girare intorno al fuoco ballando e cantando ci riporta ai riti dionisiaci, durante i quali si doveva perdere coscienza per entrare in contatto con il mondo degli Dei. Il muoversi da destra a sinistra in giro per il fuoco, aveva una sua importanza. L’accensione dei fuochi di Sant’Antonio coincide con la prima uscita pubblica delle maschere del carnevale sardo. C’è un gesto che segna l’inizio del mascheramento dell’uomo, o meglio della sua trasformazione in essere mitologico, che consiste nel tingersi la faccia di nero utilizzando il carbone.

GMM 15/01/2025

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