IN SARDEGNA HALLOWEEN È “IS ANIMEDDAS”: IL RICORDO DEI MORTI TRA ATMOSFERE TETRE, PICCOLI DONI E TAVOLE APPARECCHIATE

 I ricordi immersi in un alone magico di mistero, suggestione, fantasia, un po’ di timore allietato dai doni e dai dolcetti tipici del periodo, trovano voce nei racconti delle persone ormai di una certa età che hanno festeggiato da bambini “Is Animeddas”, ossia la “Festa delle Anime”, che in Sardegna cadeva il 1° e il 2 novembre per commemorare i defunti.

Avendo probabilmente origini nuragiche, la Festa delle Anime veniva celebrata in Sardegna molto prima del contatto con la corrispondente Halloween anglosassone, con cui vi sono però diversi punti in comune: i bimbi che girano di porta in porta, il ricordo dei defunti, atmosfere tetre e tenebrose, vestiti stracciati, zucche intagliate per sembrare un volto che simboleggia “sa conca ‘e mortu” (la testa del morto), ma le due tradizioni si sono sviluppate indipendentemente.

IS ANIMEDDAS. La ricorrenza che si festeggia tra la fine di ottobre e i primi giorni di novembre viene chiamata con diversi nomi in lingua sarda a seconda della zona dell’Isola: “Is Animeddas” e “Is Panixeddas al sud”, “Su Ene ‘e sas ànimas” o “Su Mortu Mortu” nel nuorese, e “Su Prugadòriu” (il purgatorio) in Ogliastra.

Pur mutando in alcuni particolari, la tradizione e le usanze sono più o meno le stesse, soprattutto quella dei bambini, travestiti da fantasmi o con una una maschera, di girare per la città o paese di casa in casa, bussando per chiedere “un’offerta per le piccole anime”.

Non denaro ma piccoli doni: mandorle, nocciole, mandarini, melagrane, castagne e dolci tipici del periodo: pabassinas, ossus de mortu, pani de sapa.

Non si usa dire però, come nella tradizione anglosassone “dolcetto o scherzetto?”, ma: “seus benius po s’animeddas” che significa: “siamo venuti per le piccole anime!”. Oppure: “seu su mortu mortu carki cosa po sas ànimas?” Ossia: “siamo morti morti, qualcosina per le anime?”.

La tradizione di commemorare i defunti ha origine nella credenza che le anime dei morti ritornino a casa per stare a tavola con i parenti vivi, tant’è che viene apparecchiata la tavola anche per loro.

I morti vengono ricordati dalle famiglie con una cena succulenta, seguita da un raccoglimento intorno al camino per raccontare ricordi e aneddoti o leggende della zona. Si lascia la tavola apparecchiata per i defunti tutta la notte e, in alcuni paesi, anche le credenze rimangono aperte perché questi possano nutrirsi. Per consentire loro di trovare l’uscio della casa, si accendono le lampade ad olio (lantias), una per ogni defunto di famiglia.

Vengono inoltre intagliate le zucche in modo da rappresentare esseri spettrali, per far divertire e spaventare i piccoli di famiglia.

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