Quali valori insegna la scuola?

La scuola è un luogo speciale, dove i bambini vivono esperienze uniche e creano ricordi e storie indelebili. È un ambiente che va ben oltre l’apprendimento delle materie scolastiche, facendo da cornice allo sviluppo della curiosità e della creatività dei piccoli

la scuola è maestra di vita. Ho finito la scuola “ufficiale” molti anni fa, ma non ho mai smesso di studiare. Oggi il mondo della scuola torna a fare notizia. La scuola è sintomo di ciò che nella nostra società non va bene. I ragazzi di oggi saranno i futuri cittadini di domani; dovrebbero essere educati alla curiosità, alla libertà di pensiero, alla socialità che costruisce rapporti solidi e umani, alla sessualità consapevole. Invece i nostri ragazzi vengono gettati in una organizzazione che li obbliga ad impegnarsi per imparare nozioni fredde e vuote con l’ unica motivazione del riconoscimento finale costituito dal voto e dalla promozione. Così si impara a studiare e a lavorare soltanto per motivi strumentali (per il voto quando si è giovani, per lo stipendio quando si è adulti). Cosi si impara a non porsi domande sul senso della vita, sul valore delle cose, su quanto si può fare per migliorare il mondo. I nostri figli hanno bisogno di sperare in un futuro amico e solidale. Invece ciò che imparano è la dipendenza da risorse finanziarie sempre più abbondanti, al fine di essere in grado di acquistare beni e servizi inutili per ciò che è essenziale. Inoltre imparano che la cultura, in fondo, non è apprezzata dalla società. Perchè noi insegnanti siamo sottopagati e sottostimati, non apprezzati, sopportati, e non rispettati.

L’ insegnante amico – Scuola maestra di vita

l’insegnante amico: Si veste e si comporta come un adolescente anche oltre i 40 anni. I suoi voti scendono raramente sotto il sei e ama sparlare degli altri insegnanti con gli alunni. L’insegnante «psicologa» si occupa prevalentemente del disagio adolescenziale, che in qualche caso si manifesta singolarmente in modo acuto in occasione di compiti in classe e interrogazioni. Un altro caso è l’insegnante in standby, a cui mancano pochi anni alla pensione, che ripete le stesse lezioni quasi senza cambiare una virgola, come un vecchio attore, pensando all’ambito traguardo. Poi l’insegnante burocrate, che usa volentieri il linguaggio tecnico della scuola: se gli rivolgi una domanda con parole comuni ti guarda perplesso e non risponde. Io credo di essere nella categoria dei dubbiosi, che non si fanno illusioni, ma cercano alla lontana di essere tollerati dai colleghi come fossili viventi, persone un po’ strambe che non vogliono omologarsi, ma pensare con la loro testa. Però, se la scuola pubblica nonostante riforme improvvisate, proclami, minacce e calunnie continua a camminare, magari in modo incerto, vuol dire che ci sono ancora bravi insegnanti che amano il loro lavoro sottostimato, sottopagato, sottovalutato, in altre parole sotterraneo.

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