UN BRAVO DOCENTE RIPARTE DALL’ERRORE

Un bravo insegnante» racconta Moustapha Safouan «si riconosce da come reagisce quando, salendo in cattedra, gli capita di inciampare. Cosa saprà fare di questo inciampo? Ricomporrà immediatamente, non senza disagio, la sua immagine facendo finta di nulla? Rimprovererà con stizza le reazioni divertite dei ragazzi? Proverà a nascondere goffamente il suo imbarazzo? Oppure prenderà spunto da questo imprevisto per mostrare ai suoi alunni che la posizione dell’insegnante non è senza incertezze e vacillamenti, che non è al riparo dall’imprevedibilità della vita?

Ho partecipato a diversi corsi di formazione nel duplice ruolo di formata e formatrice. Così, da prospettive diverse, da inquadrature complementari, nasce la mia idea di scuola, la scuola che vorrei per me come insegnante . Proverò a declinarla in sette punti essenziali che sono anche il framework di senso dentro il quale voglio collocare la mia esperienza didattica.

  1. Una scuola di persone, dove l’alunno è prima di tutto un individuo con le sue fragilità e i suoi talenti, i suoi sogni e le sue speranze, la sua storia da raccontare; dove l’insegnante è una persona che ogni giorno si mette in gioco e disegna lo spazio del desiderio per i suoi ragazzi. La scuola che vorrei è fatta di esseri umani che attraverso la relazione costruiscono conoscenza ed apprendimento.
  2. Una scuola di relazioni che coltiva il dialogo e la collaborazione in modo che ciascuno possa sentirsi accolto e al sicuro. Una scuola come un nido dove i piccoli diventano grandi perchè c’è qualcuno, un maestro, che si prende cura di loro e che li nutre con l’attesa e lo stupore. Perchè l’educazione è prima di tutto un fatto umano, che si alimenta di relazione e condivisione. Perchè il successo scolastico prima e professionale poi dipende anche dal benessere affettivo e sociale. Perchè io senza noi rimane un punto invisibile nell’infinito cosmico, mentre noi siamo un mondo di diversità che entrano in contatto e scrivono una storia, quella dell’umanità.
  3. Una scuola di occasioni ed opportunità, capace di scoprire i talenti di ciascuno e di valorizzarli attraverso la creazione di spazi didattici alternativi a quelli tradizionali. Una scuola dove l’apprendimento non è solo prestazione, ma anche soprattutto esercizio dell’attitudine ad affrontare in maniera positiva i problemi complessi del mondo reale. Perchè la motivazione ad imparare nasce in quello spazio a metà tra comfort zone e risk zone nel quale l’alunno sicuro di sè e delle proprie capacità acquista il coraggio di rischiare.
  4. Una scuola di silenzio ed ascolto perchè è nel silenzio che si sentono i propri pensieri, mentre l’ascolto dell’altro favorisce il confronto e la costruzione della comunità. La scuola che vorrei è quella nella quale ciascuno può raccontare la propria storia sicuro di essere ascoltato al riparo da giudizi e derisioni.
  5. Una scuola dove genitori ed insegnanti costruiscono un’alleanza educativa per promuovere e sostenere il benessere dei ragazzi, nel rispetto dei ruoli di ciascuno. Perchè scuola e famiglia sono enti formatori che insieme collaborano e dialogano per incentivare nelle nuove generazioni la capacità di dare un senso alle proprie esperienze.
  6. Una scuola senza voti e senza bocciature dove gli studenti non sono numeri e misure ma emozioni, attitudini, conoscenze ed abilità. Perchè il successo scolastico passa attraverso la fiducia in se stessi e la stima degli altri. Perchè il disagio e l’abbandono scolastico derivano prima di tutto da quelle etichette che gli insegnanti in preda a ossessione valutativa appiccicano sulla fronte degli alunni. E invece per avere studenti intelligenti dovremmo cominciare a pensarli come tali, per valutarli e giudicarli dovremmo fornire loro occasioni didattiche per sviluppare quelle competenze per le quali li giudichiamo. La scuola che vorrei valuta i propri studenti a partire dai loro punti di forza per consolidarli e prende in considerazione i punti deboli e gli errori come occasioni per migliorare. La scuola che vorrei non lascia indietro i più deboli, ma investe su di loro risorse ed energie per dare anche a loro l’opportunità di provare l’ebbrezza del successo.
  7. Una scuola laboratorio di creatività e sperimentazione dove gli alunni possono sporcarsi le mani, correre il rischio di sbagliare, costruire oggetti e significati, porsi problemi e trovare soluzioni, stabilire connessioni e prospettive, usare lo smartphone e i social per comunicare e cercare informazioni. Una scuola incubatrice di talenti che sostiene i suoi alunni promuovendo in ciascuno di loro scelta ed autonomia. Una scuola atelier in cui lo studente apprendista realizza il proprio capolavoro.

In conclusione, la società nella quale viviamo, liquida, veloce, metamorfica, impone alla scuola un atto di rinnovamento radicale, una sfida al cambiamento,  un atto di coraggio difronte all’ipercomplessità del mondo attuale. I nostri ragazzi hanno diritto ad un’educazione che sia prima di tutto promozione della persona e valorizzazione delle relazioni. Io come insegnante ogni giorno mi chiedo come posso sostenere i miei alunni nel loro percorso di accesso alla conoscenza  e di costruzione di un orizzonte di senso e di desiderio. Vorrei una scuola che ogni giorno parte da queste domande e non dalle risposte asettiche depositate da un sapere fuori dal tempo.

Share the Post:

Related Posts